sabato 2 giugno 2018

PRE_TEATRO Un diverso copione_ Un'esperienza di teatro educazione.

SEGRETI    Scrittura immaginaria. Libro collettivo. 7 anni. 
  Scuola 'Falcone e Borsellino'   Roma 2018.

Dalla metà degli anni '80 al primo decennio del Duemila inoltrato ho portato in scena gruppi di bambini e adolescenti, lavorando nella scuola e nella Rassegna Nazionale di Teatro della Scuola di Serra San Quirico (AN). Per formazione - nata e cresciuta nell'ambito del teatro educazione - e per mestiere - maestra nella primaria - gli esiti sul palco sono stati il risultato di un lavoro articolato sulla specificità del gruppo (stile, interessi, ambito di studio e di crescita in generale, sempre collegati all'età). 

In questi laboratori, uno schema frequente: a un certo momento il gruppo, preparato e modulato in senso cooperativo e creativo attraverso il suo stesso percorso di esperienza di comunità teatrale, cominciava le prove: ci si spostava da un piano di giochi, esercizi, invenzioni spontanee sulla fisicità di questo o quel personaggio o tipo, verso una struttura organizzata in scene, scritte appositamente e rappresentate con necessità di ritmo e avvicendamento, di memorizzazione di azioni nello spazio, di utilizzo di oggetti, di uso della memoria e della voce per cantare, parlare, creare effetti sonori funzionali.

Nel laboratorio, il gruppo aveva in genere maturato all'interno delle proprie attività atteggiamenti e abitudini propedeutici alla scena. Fondamentalmente:

-  entrare in un flusso collettivo con delle regole base di ascolto reciproco e avvicendamento nell'azione;
- far parte di un quadro o una serie di quadri di azioni concatenate; 
- gestire il silenzio, lo spazio e il movimento secondo una serie di accordi sperimentati in relazione a un pubblico, dentro un tempo concordato.

Il modello del teatro, in quei decenni, era il teatro. Il teatro tradizionale, magari, visto con la classe, a scuola o altrove, oppure con la famiglia. Quel teatro sempre più raro, in televisione, mentre la generazione nata negli anni '60 aveva avuto anche una formazione teatrale di rispetto, sia per la qualità professionale complessiva degli sceneggiati popolari e dei varietà, sia per le occasioni date dalle serate dedicate, sempre seminali e talvolta innovative: Eduardo, Ronconi, Fo-Rame, Strehler.

Il modello del teatro-educazione, per decenni, è stato il percorso collettivo condiviso. Fare, disfare, interrompere, reinventare. Insieme. Quel percorso è stato per molti di noi operatori teatrali e maestri il metodo stesso. Quanto più siamo riusciti a sviluppare nel gruppo la sua verità, la sua forza espressiva, la sua creatività manuale, motoria, vocale, tanto più ci è sembrato di avere lasciato un segno. O, letteralmente, di aver tirato fuori dal gruppo un risveglio autentico e vitale. A n i m a z i o n e, infatti, si è chiamata agli inizi la nostra scelta teatrale e didattica.

Sto incontrando, a partire dalla metà di questi anni Dieci, dei cambiamenti.

La televisione e i social sono modelli influenti, spesso sostenuti dagli adulti - non solo genitori, ma anche insegnanti o teatranti, purtroppo. Ci si comporta e si educa in modo narcisistico: il palco è associato al competere, all'essere visto, riconosciuto, esibito; non al saper trasmettere qualcosa di sé insieme al proprio gruppo, non all'elaborazione creativa di linguaggi di scena. 

Per converso, osservo che nella generazione dei nati dopo il 2000 esiste in ogni gruppo una quota di bambini con seria difficoltà a esporsi, anche nei giochi più semplici: una camminata, un gesto, una parola da ripetere con voce diversa dalla propria. Prima ancora, c'è difficoltà a restare seduti in cerchio, aspettare il proprio turno, interessarsi alle proposte degli altri. C'è la paura di sbagliare. Mancanza di attenzione e di un atteggiamento vicendevole le vediamo ormai in tutti i gruppi - per tacere degli adulti. Che il pubblico sia anche solo quello dei compagni stessi, senza occhi esterni - si assiste comunque ad atteggiamenti di opposizione e disturbo alla realizzazione dell'attività. Diversi bambini sono spersi, agitati, impazienti, arrabbiati. Il cerchio si spezza facilmente. Dunque, la stessa attività propedeutica non compie il suo giro. 

C'è bisogno di attività che in modo indiretto ristrutturino il senso della calma perduto. Ancora, senso del tempo, della collettività, della considerazione dell'altro, dell'attenzione alla creazione e non all'occhio altrui. C'è bisogno di e s s e r e, attraverso azioni che diano senso e identità. Azioni quotidiane, minime, di scoperta e di gioco. 
In questo senso, il pre-teatro. Una ricerca-ricostruzione di fondamenti, che crei attraverso un linguaggio artigianale e libero prodotti individuali da ricollegare grado per grado a una narrazione collettiva, basata su pratiche manuali, ricerca percettiva, invenzione.

Da qui QUARANTA MANI QUATTRO STAGIONI. 👀 Una classe seconda primaria si è dedicata a esperienze fisiche e visive legate al trascorrere del tempo, per creare uno scenario-mostra fatto di libri artigianali, vissuto finalmente come proprio, allestito come un percorso da raccontare al pubblico, dentro la scuola. La scuola, è stata il nostro palcoscenico.

Gli obiettivi sono rimasti gli stessi:

-  entrare in un flusso collettivo con delle regole base di ascolto reciproco e avvicendamento nell'azione;
- far parte di un quadro o una serie di quadri di azioni concatenate; 
- gestire il silenzio, lo spazio e il movimento secondo una serie di accordi sperimentati in relazione a un pubblico, dentro un tempo concordato.

Quindi, un intero anno scolastico per creare:

- un oggetto-libro in cui ogni pagina rappresenta la persona del gruppo che l'ha creata;
- libri che si possono scrivere, smontare, trasformare nel corso del tempo vissuto per stagioni;
- una mostra che è il racconto di un anno di scuola e di vita, da mostrare a un pubblico.

Una sola immagine, tra le tante. Una pagina di scrittura immaginaria. Tutti hanno scritto, perché nessuno sbagliava e ognuno aveva un segreto, da svelare solo se avesse voluto. 

Qui siamo arrivati. È il nostro copione. Chissà che cosa c'è scritto.


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GRAZIE

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